–Qui Verona
-*La rubrica “Punto Sci” diviene GENERALE INVERNO
di Lorenzo Fabiano Della Valdonega
-Nebbia, pioggia, neve: alla coppa del mondo il maltempo ha fatto il verso cattivo mostrando tutti i suoi volti peggiori. Sconvolto il programma; solo due le gare portate a termine, il supergigante della Valgardena che rimarrà nella storia per essersi trasformato in una prova di endurance piuttosto che di sci, e il gigante dell’Alta Badia che sia pur accorciato di una ventina di secondi per l’abbassamento della partenza, si è potuto disputare solo grazie ai prodigi degli organizzatori. Un mezzo miracolo, diciamolo pure, che merita un plauso. Niente da fare per le ragazze, bloccate in albergo dalla bufera in Val d’Isere: annullate discesa e combinata.
VALGARDENA
A definire regolare il supergigante di venerdì in Valgardena, occorrono buone dosi di fantasia e coraggio. Su una Saslong attanagliata nei tentacoli di una nebbia padana, la gara è stata più volte lungamente interrotta e portata a conclusione al crepuscolo quando erano scesi quaranta atleti. Dire che l’hanno tirata per i capelli, suona sin superfluo. Un abbraccio affettuoso al pettorale 41, il giovane carabiniere di Terlano, Andreas Prast, costretto a rimanere lassù sotto lo sguardo imbronciato del Sassolungo ad attendere invano per tutto il santo giorno di potersi prendere la soddisfazione di timbrare nel curriculum una discesa di coppa del mondo sulla pista di casa. Una tregenda la sua, che ci ha ricordato il disperso e dimenticato Tom Hanks nei panni del naufrago in Castaway. Ma almeno il buon Tom stava sotto il sole. Nemmeno Dominik Paris ha di che sorridere, visto che col pettorale numero 5 ha dovuto attendere qualcosa come 45 minuti prima di poter uscire dal cancelletto. Per lui un quinto posto, che alla luce (poca in verità) di cosa gli è capitato proprio da buttare non è. Sulla Stelvio di Bormio, nota anche come Casa Paris (vanta il poker), avrà l’occasione del riscatto. Per una volta non hanno vinto i norvegesi (padroni della Saslong in ben sei delle ultime sette edizioni): Kjetil Jansrud, vincitore nel 2015, per soli 5 centesimi si è dovuto accomodare alle spalle dell’austriaco Vincent Kriechmayr, il più morbido sui dossi di una pista dove per essere veloci bisogna saper filar via leggeri. Annullata la discesa di sabato: impossibile solo il pensiero di poter gareggiare nella coltre di nubi sotto la fitta nevicata. L’arrivederci alla Valgardena è al prossimo anno, quando le discese potrebbero essere due; quella tradizionale, e un’altra in versione sprint su due manche. A farne le spese sarebbe proprio il supergigante; queste le intenzioni bizzose della Fis. Citando Nereo Rocco, vien voglia di dire «Ciò…speremo de no!». Nella speranza che ci ripensino, si vedrà.
ALTA BADIA
In piedi, prego, e giù il capello davanti a Henrik Kristoffersen, che ha messo per la prima volta il proprio nome nell’albo prestiogioso dì una classicissima come il gigante dell’Alta Badia. Su una Gran Risa mozzata di una ventina di secondi, e in condizioni al limite dell’impossibile, l’asso norvegese ha dato una straordinaria prova di forza e classe. Sesto dopo la prima manche, nella seconda non ha sbagliato una sola curva. Approfittando del mezzo passo falso di Pinturault, solo ottavo, il secondo successo della stagione (aveva vinto lo slalom di Levi) lo balza al comando della classifica generale di coppa del mondo, davanti a Kriechmayr e al transalpino. Per concentrare le energie in Alta Badia, Pinturault ha rinunciato al SuperG della Valgardena dove ballavano punti a suo favore; scelta della quale, in una coppa del mondo da decidersi con ogni probabilità per una manciata di lunghezze, potrebbe pentirsi amaramente. Se rispetto al tuo rivale, hai il vantaggio di poter contare sulla polivalenza, non sfruttarla non ci pare proprio la più azzeccata delle idee. Applausi scroscianti al francese Cyprien Sarrazin, che col miglior tempo di manche (lui e il norvegese Braathen, gli unici a scendere sotto il muro dei 58”) è risalito dalla ventiduesima alla seconda posizione. Terzo lo sloveno Zan Kranjec, uno specialista. Azzurro, ahinoi, sbiadito, se non tenebra come quello caro a Giovanni Arpino: il magro bilancio di nemmeno un italiano tra i dieci è men che un misero raccolto. Se in slalom a Val d’Isere Stefano Gross ci ha riportati almeno sul podio dopo oltre due anni, in gigante siamo ancora nel bel mezzo di una lunga traversata del deserto. E purtroppo oasi all’orizzonte non se ne vedono. Tempi grami. Buon Natale.