L’autore di questo articolo è controcorrente. Dichiara infatti: “Amo il calcio ma non i calciatori”. A differenza di altri sport come il pattinaggio su ghiaccio, nel calcio, secondo lui, non c’è dedizione, spirito di sacrificio e rinuncia. Da parte dei calciatori manca lo spirito sportivo ed il rispetto specie per l’avversario.
-di Andrea Fait
Da tifoso amo il calcio ma non i calciatori
-Io amo il calcio, non i calciatori! E’ un gioco che mi affascina, che mi appassiona e al quale mi diverte assistere, da semplice appassionato o più spesso da tifoso: alcune partite sono delle vere e proprie sfide a scacchi tra gli allenatori, ogni giocatore in campo che si trasforma in una pedina al servizio di una strategia che per avere successo necessita del movimento concomitante e sincrono degli altri nove compagni, sbuffando e cercando di correre quel metro in più del proprio diretto avversario in una sfida personale a chi schiatta prima, e senza però dimenticarsi di risolvere magari con un proprio colpo di genio la disputa. E il più duraturo amore nella mia vita è senza dubbio quello verso la squadra per cui tifo.
I calciatori, invece, li odio…
Proprio perchè amo il gioco del calcio, non riesco a perdonare i calciatori, gli attori principali ingaggiati per dare vita a questo spettacolo. Invece ogni domenica tentano in tutti i modi di rovinarlo: sceneggiate hollywoodiane che sembra di essere sul set di “Salvate il soldato Ryan”, ad ogni più piccolo contatto fisico quanto c’è da allentare un po’ la pressione degli avversari ed interrompere un attimo il gioco per rifiatare. Nessuno scrupolo nel mettere in pericolo la carriera di un avversario, pur di non lasciarlo arrivare prima su un innocuo pallone a centrocampo. Il più subdolo sgambetto da dietro piuttosto che dargli la soddisfazione di riuscire a scappare via dopo una finta o un dribbling ben riusciti.
L’occasione fa l’uomo ladro!
E mai che passi per la testa ad uno di loro di smentire il luogo comune dell’occasione che rende l’uomo ladro! Se l’arbitro prende un abbaglio e concede un fallo che non esiste, se il guardalinee ha bisogno di una visita oculistica, tutti zitti, mi raccomando, qualora l’errore li favorisca. Anzi, si prova in tutti i modi a trarli in inganno e a fargli sfuggire dalle labbra fischi inappropriati (una parte non marginale dell’allenamento tecnico di un calciatore consiste proprio nell’interiorizzare il manuale del perfetto stuntman…).
Motivo per cui amo il calcio ma non i calciatori
Non riesco proprio a digerirlo: il rettangolo di gioco concepito come una sorta di zona franca, dove ogni furto è lecito, ogni violenza, anche la più efferata, punita nel peggiore dei casi con una domenica di vacanza. Il castigo per un tentativo di imbroglio smascherato è un cartellino giallo sventolato sotto il naso. Ed è questo un problema strutturale del sistema del gioco del calcio, dove sembra ci sia un qualche interesse occulto nel tutelare l’impunità e il giocare sporco.
Differenze col basket
Nel basket, sport dove le situazioni di gioco comportano addirittura maggiori probabilità rispetto al calcio di un contatto fisico con l’avversario, dove nel tentativo di intercettare un pallone è pressoché inevitabile prendere più spesso un polso anziché la palla, alla quinta volta in cui tocchi un braccio che non sia il tuo vieni mandato a fare la doccia. Un fallo ritenuto anti-sportivo regala a chi l’ha subito un paio di tiri liberi e un ulteriore possesso palla senza pensarci sopra due volte. L’idea dell’utilizzo della moviola, poi, viene continuamente bocciata accampando motivazioni irrisorie, quali l’eccessivo spezzettamento del gioco che comporterebbe (come se le statistiche inerenti il tempo di gioco effettivo nel campionato italiano invece testimoniassero al contrario un gioco fluido…).
Come puoi stimare un calciatore professionista?
Florenzi
Faccio un paio di esempi: qualche anno fa’ ero rimasto positivamente impressionato da Florenzi vedendolo giocare in serie B nel Crotone; quando a fine anno la Roma lo richiamò alla base, non ci pensai due volte a farlo mio all’asta del fantacalcio, tanto più che nessuno lo conosceva e me lo portai a casa per un milione. L’ho sempre esaltato, oltre alle sue doti tecniche ne ho sempre ammirato lo spirito, il suo non risparmiarsi mai, la sua totale abnegazione, la sua serietà. Durante un Roma-Hellas, Florenzi viene saltato netto nei primi minuti di gioco da Martinho. E’ un dribbling innocuo, il suo, siamo a centrocampo e tra lui e De Sanctis ci sono ancora quaranta metri di campo e almeno cinque avversari pronti a pararglisi davanti. Il romanista però non ci pensa due volte, ad entrargli da dietro sul polpaccio rischiando di fargli terminare la partita al primo pallone toccato. Tutto il bene che pensavo di Florenzi è svanito all’istante, ci ho messo un attimo ad etichettarlo come un grandissimo stronzo.
Rugani
Oppure Rugani: il difensore centrale più promettente del nostro stivale. All’ultima giornata del campionato 2016 c’è Toni che sopravanza Icardi di due gol nella classifica dei capocannonieri, se Icardi vuole raggiungerlo deve segnare almeno una doppietta, ma non sarà facile. Ha di fronte una delle linee difensive meglio organizzate della serie A, e sul collo il fiato di uno dei difensori centrali più forti del campionato. E’ una bellissima giornata di sole, per quanto possa essere bella una giornata di sole a Milano, ma nella difesa dell’Empoli è come se aleggiasse la nebbia più fitta, visto che Icardi si trova almeno cinque volte a tirare indisturbato verso la porta all’interno dell’area di rigore, con i difensori dell’Empoli anticipatamente sull’aereo per una qualche isola esotica. Missione compiuta: doppietta di Icardi e scettro di capocannoniere strappato al povero Toni. Anche Rugani l’anno dopo non l’ho mica più comprato, al fantacalcio…
Franco Baresi
O, per scomodare un mostro sacro, Franco Baresi: un mito, lui sì, eppure sempre lì con il braccio alzato a cercare di convincere il guardalinee a fare altrettanto.
In uno sportivo cerco l’onestà
In uno sportivo cerco prima di tutto l’onestà. In un modo forse troppo romantico ed anacronistico, io concepisco lo sport come una sorta di universo parallelo, un’isola felice dove le regole che governano il vivere quotidiano perdono la loro consistenza, dove tutto viene ribaltato, i problemi più concreti della quotidianità, il far quadrare il bilancio economico, il mantenere o il trovare un posto di lavoro, le incomprensioni con la propria compagna, l’isteria del traffico cittadino, i battibecchi con i vicini di casa, le ingiustizie ed i soprusi subiti vengono magicamente cancellati, si entra in un’altra dimensione, si ritorna al proprio io primordiale, ci si libera di ogni sovrastruttura creatasi e ci si spoglia di ogni orpello, il proprio intero essere rivolto e proiettato verso un unico fine: l’espressione di sé stesso attraverso il movimento. Quello per e attraverso il quale, a conti fatti, semplicemente siamo.
E il calcio mi pare invece la trasposizione identica della realtà su di un prato, tra l’altro il più delle volte nemmeno troppo ben tenuto.
Rinucia e fatica: il vero spirito sportivo
Io amo la fatica, la rinuncia e l’abnegazione che il dedicarsi anima e corpo allo sport comporta. Trovo assolutamente romantico, perfino commovente, il privarsi delle comodità che il senso comune ritiene tali ed il sacrificarle in virtù di qualcosa che tante volte ha la consistenza della nuvola di vapore, che esce dalla propria bocca nelle fredde giornate d’inverno.
Alle Olimpiadi di Torino avevo avuto la fortuna di lavorare in uno dei bar del Pala Vela, dove si disputavano le gare di pattinaggio artistico, e qualche volta mi svegliavo la mattina alle quattro e mezzo, dopo neanche quattro ore di sonno su un materasso sfondato sul quale mi ero gettato a corpo morto senza nemmeno togliermi i jeans, attraversavo di corsa una Torino meravigliosamente addormentata e sfruttavo il mio pass per intrufolarmi nel palazzetto e spiare i primi due gruppi di sfortunati atleti ai quali era toccata in sorte quell’ora non troppo invitante per mettere i pattini ai piedi e sfruttare la loro ora e mezza di ghiaccio giornaliera.
Incrociavo ogni volta le dita sperando di riuscire ad imbattermi una mattina nel divino Pluschenko e vederlo inanellare la sua mitica sequenza di salti quadrupli che solo lui era in grado di eseguire, ma mi sono invece sempre imbattuto negli allenamenti delle ragazze, delle quali invariabilmente mi innamoravo perdutamente.
Dedizione totale nel pattinaggio su ghiaccio
Mentre tutti ancora dormivano sotto una calda coperta ed io stavo seminascosto in un angolo delle tribune per non disturbare, loro già ricominciavano la loro infinita serie di circonvoluzioni, per la milionesima volta ripetevano la sequenza rincorsa-salto-atterraggio, alternando magari un axel con un lutz per variare un po’, prendendo sempre più confidenza, cercando ogni volta di limare la più piccola sbavatura, interiorizzandola fino a quando diventasse un movimento quasi incontrollato e naturale come il proprio respiro. E questa dedizione totale io la trovo meravigliosa. Sarei rimasto lì in ammirazione tutto il giorno, l’effetto rasserenante era lo stesso che si trae dal guardare il fiume che scorre; era come stare davanti ad un Monet, rapiti in una contemplazione estatica. Oltretutto, erano davvero bellissime…
Soldi: l’unico pensiero dei calciatori
In qualsiasi disciplina sportiva, amo quello che nel calcio da parte dei calciatori sembra non esserci. Amo: la ricerca continua del proprio limite, dell’esecuzione di un gesto attraverso il quale esprimere il proprio essere. Lo sportivo può togliere il fiato alla stessa stregua di un musicista, di un pittore, di un poeta. Invece ci sono calciatori professionisti che anche dopo dieci anni di carriera ancora non hanno imparato a mettere in mezzo all’area un cross come si deve, che passano più ore a discutere con il proprio procuratore di un bonus sul contratto che sul campo a correggere il proprio tiro, che si accontentano della propria mediocrità purché sia ben retribuita…
Motivazioni che cerco in un atleta
E le motivazioni che ricerco in un atleta sono quelle prettamente intrinseche: la voglia e la necessità vitale di conoscersi, di migliorarsi sempre di più, di raggiungere un obiettivo che ci si è posto, di mettersi alla prova, e pure il godimento incommensurabile che si trae dall’avercela fatta, e l’esaltazione che ti regala l’esecuzione ben riuscita di un gesto tecnico, sia esso un tiro all’incrocio, un tiro in sospensione, un salto quadruplo, una curva con gli sci ben fatta in cui avverti l’armoniosità del gesto, una corsa fluida e leggera. Godimento fine a sé stesso, che non richiede alcuno spettatore che ti applaudisca o un testimone che ammiri il tuo gesto, ma che semplicemente ti nutre l’anima.
Nessuna motivazione nel calcio
Purtroppo nel calcio professionistico non ritrovo niente di tutto questo. Conta soltanto una cosa, e qualsiasi mezzo è lecito: il gol di Maradona all’Inghilterra è da strapparsi i vestiti, ma Inzaghi esultava allo stesso modo pur sapendo di essere partito in fuorigioco di mezzo metro ed avendo saltato l’avversario soltanto perché gli aveva furbescamente tirato la maglietta. E i tifosi idem.
E con la stessa noncuranza si nega ad un avversario che ha saltato mezza difesa con un’azione incredibile la gioia e la gloria di un gol da cineteca falciandolo da dietro senza alcuno scrupolo.
E dove sono le motivazioni intrinseche? Quando sembra che l’unica cosa che conti e che faccia la differenza, anche nelle scelte di una carriera professionistica, sia qualche centinaio di migliaia di euro per potersi comprare il classico SUV, status symbol necessario per sentirsi parte della loro ristretta comunità.
Il calcio è spettacolo non sport
Davvero, ritengo che il calcio abbia poco da spartire con lo sport: nelle altre discipline, l’avversario è rispettato. Il calcio è uno spettacolo incredibile, è una guerra senza esclusione di colpi, è una battaglia, sia sul campo tra gli attori principali che ai suoi bordi, tra i tifosi. Ma non è sport, nel senso più genuino del termine.
Nonostante ciò, mi appassiona un casino.
Ma non mi sento di condividere nulla, con i suoi attori. Amo il calcio ma non i calciatori
Qualche eccezione
Ripensandoci, qualche nome mi è venuto in mente, ma giusto quattro in croce: Gerrard, Zanetti, Nicola Ferrari e Simon Laner (si capisce che sono tifoso dell’Hellas?).
Qualcuno che incarna il vero spirito dello sport c’è anche nel mondo del calcio, non ne dubito. Ma come si riesce a scovarlo? Io avevo puntato le mie ultime due fiches su Florenzi e Rugani, e ho preso un grosso abbaglio… Su Cristiano Ronaldo, invece, non avrei puntato un centesimo: grandissimo talento che sfrutta le immense doti del suo fisico eccezionale ma con il quale bisogna usare il bastone per fargli spillare due gocce di sudore, ho sempre pensato.
Cristiano Ronaldo massimo impegno
Invece leggendo un articolo vengo a scoprire che finito l’allenamento, mentre gli altri se la danno a gambe levate, lui si ferma sul campo un’altra mezz’ora da solo a tirare, come i bambini nel cortile contro il muro, e che i compagni di squadra dicono che faccia salire l’ansia, per l’impegno sempre massimale che profonde in ogni allenamento. Incredibile ma vero. E allora mi viene in mente l’endecasillabo di Gianni Brera sulla Dea Eupalla: “Cal-cio-mi-ste-ro-sen-za-fi-ne-bel-lo”.Spes, aggiungo io, ultima dea. Eupalla, naturalmente…
Commento:
Capisco il duro intervento dell’estensore dell’articolo, ma non è questione di questo o quel giocatore citati ad esempio, è questione, invece, che è il calcio ad essere cambiato. Infatti, quei robusti tackle a cui assistiamo ad ogni partita, un tempo erano tutti sanzionati con il rosso.
Oggi il calcio è divenuto un gioco muscolare, spettacolare da un lato, meno romantico dall’altro.