L’Italia non rispetta molto i disabili ed il loro diritti allo sport. Qui al disabile non è permesso partecipare a campionati amatoriali, a differenza di altri paesi. Storia di Michele pugile senza un avambraccio.
di Giampaolo Milan
Atleta per passione
Questa è la storia del Panathleta rodigino Michele Brusaferro, classe 1963, avvocato di professione ed atleta per passione. Una passione che, purtroppo, a volte, per il pregiudizio e la miopia altrui, non può praticare. Ma facciamo un passo indietro. Michele nella sua vita pratica svariati sport. Alcuni a livello meramente amatoriale (nuoto, sci, karate, tennis), altri a livello agonistico (pattinaggio rotelle corsa, atletica leggera).
Fin qui nulla di strano. Sennonché Michele ha una piccola particolarità: dalla nascita è senza l’avambraccio sinistro (un regalo della chimica farmaceutica dei primi anni sessanta). Ma perché la storia di Michele dovrebbe essere attuale e di interesse solo ora? Perché Michele si è messo in testa che vuole fare un altro sport. Vuole fare il pugilato. Apriti cielo! Un monco che vuol fare pugilato! Questa è buona! Beh, all’estero (USA, Francia, Inghilterra, per menzionare alcune nazioni) è pieno di esempi.
I diritti dei disabili nello sport
In linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, molti atleti disabili già combattono sul ring in competizioni agonistiche contro soggetti normodotati. In Italia no, ma non solo in competizioni agonistiche, bensì neppure in quelle amatoriali. Contravvenendo a norme sovranazionali e, addirittura, a quanto si legge sul sito ufficiale della FPI (Federazione Pugilistica Italiana), dove si afferma che la Gym Boxe (settore amatoriale del pugilato -definita prepugilistica- ove il contatto, al più, deve essere assolutamente controllato) può essere praticata da chiunque, in linea con quanto previsto dallo Statuto stesso della FPI (che all’art.1 comma 5 recita: “La FPI è retta sui principi di libera e democratica partecipazione all’attività sportiva in condizioni di uguaglianza e di pari opportunità, in armonia con l’ordinamento sportivo internazionale.”), chi è portatore di una disabilità in Italia non può partecipare ad una competizione amatoriale. In Italia ci si dimentica troppo spesso dei disabili nello sport e dei loro diritti.
Il campionato di Gym Boxe.
Ed è così che Michele, prendendo in contropiede tutti, nel 2018 partecipa al campionato amatoriale di Gym Boxe, venendo regolarmente ammesso. Sembra fatta, ma no che, nel 2019, si vede escludere dalla partecipazione al Campionato Veneto di Gym Boxe. Michele, però, non si dà per vinto ed intraprende la via giudiziaria, il cui epilogo è ancora da scrivere. In una battaglia che vuol essere di civiltà, prima ancora che di diritto, per sé e per tutti i “Michele”, sta, infatti, percorrendo la lunga ed impervia strada giudiziaria per vedere riconosciuto il suo buon diritto di praticare uno sport amatoriale cui, purtroppo solo sulla carta, la stessa FPI vorrebbe aperto a chiunque, avendo obiettivi di crescita personale e di conoscenza del proprio corpo molto ambiziosi (dal sito FPI: “Gli Amatori, maschi e femmine, hanno come obiettivo la cura del benessere psicofisico attraverso nozioni tecnico tattiche propedeutiche all’attività del pugilato, con contatto controllato. L’attività della GYM BOXE riguarda tutti i soggetti d’età non inferiore ai 13.”), ma che, nel concreto, sembrerebbe voler aprire solo ad alcuni, arrogandosi un diritto di esclusione, basato su un pre-giudizio, più che su (inesistenti) norme.
La storia, dunque, è ancora tutta da scrivere.