Che cosa è il devastante doping?
“ Il doping è un fenomeno devastante per il nostro sport e confonde i giovani “. E’ questa la dichiarazione fatta dal direttore generale dell’azienza ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, Domenico Alessio, in apertura del congresso “ Il doping se lo conosci non ti uccide “, tenutosi tempo fa nella capitale. La parola doping, di origine inglese, vuole dire utilizzo di sostanze stupefacenti. Se nella vita di tutti i giorni l’uso di tali sostanze è solo per ricercare un nirvana, cioè un paradiso che non c’è, un mondo dei sogni a caro prezzo, nell’attività sportiva non è propriamente così. Infatti, l’utilizzo di sostanze dopanti è finalizzato ad aumentare in maniera artificiale la prestazione dell’atleta in gara. Il problema è di primaria importanza, ma anche se se ne parla diffusamente, resta pur sempre nella gente della strada un problema lontano. Chi però frequenta il mondo dello sport da vicino, sa invece che è l’esatto contrario.
Il dopoing dall’antichità ad oggi
L’uso di sostanze dopanti non è solo una realtà odierna, bensì essa risale nella notte dei tempi. I greci, per un esempio, al fine di migliorare le loro prestazioni sportive ingurgitavano erbe e funghi. Gli Atzechi, invece, si “ limitavano “ a mangiare il cuore delle vittime sacrificali dalle quali, secondo loro, ne assimilavano la forza. In più, per aumentare la resistenza allo sforzo fisico, estraevano una sostanza dal cactus. Agli inizi del XX Secolo si preferiva utilizzare le zollette di zucchero imbevute di etere. In tempi più recenti, si preparava un cocktail a base di brandy, stricnina e vino, in cui si erano fatte macerare foglie di coca. Poi negli anni ‘50 apparvero le anfetamine, i primi stimolanti in sintesi. Ma se l’assunzione di sostanze dopanti era circoscritto ai soli atleti professionisti, oggi il fenomeno è diventato molto preoccupante. Si è esteso infatti anche al mondo dilettantistico e giovanile.
L’illusione devastante del doping
Il doping è quanto di più amorale possa esserci nella pratica sportiva: infatti, il mettersi in gara già sapendo che si hanno dei vantaggi artificiali, quale piacere menzognero ha la vittoria conquistata? Cosa importa se siete gli ultimi della corsa se avete ottenuto il vostro miglior tempo? L’uso delle droghe non è migliorare se stessi; l’uso delle droghe è credere di migliore se stessi. Un dato allarmante, che emerge dal congresso citato, è che il 7% degli studenti delle scuole medie fa uso di sostanze pericolose per la salute. Questo 7% fa pensare che ciò che viene fatto in materia antidoping sia del tutto insufficiente. Gli stessi media, infatti, dovrebbero comunicare con più incisività per mantenere alta la guardia. Invece parlano di doping solo quando il caso è eclatante, e coinvolge il mondo del professionismo. Troppo poco! E’ ghettizzato al solo mondo in cui circola denaro, poiché il fenomeno è di più ampia portata. Il ventre debole di questo mondo dello sport è proprio il professionismo, ormai sovrastato dagli interessi degli sponsor. Pesano gli atleti in funzione dei risultati ottenuti in un mondiale, in una olimpiade, o anche in una semplice gara purché l’audience televisiva sia altissima. E più eccezionali sono i risultati e più vali. Ecco allora la ricerca di prestazioni super in spregio ai valori morali, che muovono lo sport ed alla propria stessa vita.
Regolamento antidoping
A cercare di arginare i danni in Italia si è cominciato nel 1954, ma solo nel 1964 fu aperto il primo laboratorio europeo di analisi antidoping. E’ solo dal 1964, in occasione delle Olimpiadi di Tokio, che s’iniziò a controllare gli atleti. Nel 1971 il Comitato Olimpico Internazionale stilò una lista di sostanze proibite, che viene da allora periodicamente aggiornata. A sovrintendere questa attività di controllo è la WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping. Dall’1 Gennaio 2004 è entrato in vigore il nuovo regolamento antidoping, il cui programma ha due finalità:
1) Tutelare il diritto fondamentale degli atleti alla pratica di uno sport libero dal doping e quindi promuovere la salute, la lealtà e l’uguaglianza di tutti gli atleti del mondo.
2) Garantire l’applicazione di programmi antidoping armonizzati, coordinati ed efficaci sia a livello mondiale che nazionale, al fine di individuare, scoraggiare e prevenire la pratica del doping.
Ma sul comportamento della WADA può nascere qualche perplessità, tanto per fare un esempio di questi giorni è quello che riguarda la caffeina. Esclusa dalle sostanze dopanti nel 2004, è oggi in odor di riammissione tra le sostanze vietate. Questo avviene non perché la WADA abbia scoperto qualcosa di anomalo, ma semplicemente perché alcuni atleti australiani hanno dichiarato di avere migliorato le proprie prestazioni in seguito all’assunzione di caffeina. “ La caffeina può accrescere la performance del 7% ”, ha dichiarato George Gregan, capitano della nazionale australiana di rugby. Guarda caso tale sostanza è contenuta in diverse bevande, i cui marchi spesso sono sponsor di manifestazioni sportive, se non di Olimpiadi.
Vincere piace, ma non a tutti i costi.
Massimo Rosa